Protezione civile

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    Ecco, appunto. Solo che ho l'impressione che dai tempi di Bertolaso la protezione civile si sia ingolfata e non sia più in grado di agire tempestivamente. Quello che succede con le case ai terremotati è un sintomo evidente di come oggi in Italia non siamo in grado di fronteggiare le emergenze.
     
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    Attenzione a non confondere gli interventi in emergenza (competenza della PC) e le fasi della ricostruzione, di competenza degli Enti territoriali ordinari.
    Che poi l'epoca di Bertolaso sia altra cosa, posso solo confermarlo, per multiple esperienze dirette.
    E la sensazione è che al peggio non ci sia mai fine... (e non è un giudizio riferito all'attuale capo dipartimento).
     
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    A prescindere dalla ricostruzione io parlo proprio dell'emergenza. Se ricordo bene al tempo del terremoto dell'Aquila le consegne di case e appartamenti furono estremamente rapide rispetto a oggi, quando a più di un anno dal terremoto sono state assegnate 1871 case su 3666 previste, e già hanno problemi non da poco.
     
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    Bertolaso aveva un grande problema che lo rendeva incompatibile con l'incarico. Era persona competente e capace. Caratteristiche assolutamente penalizzanti in Italia.
     
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    Quando abbiamo chiuso il distaccamento, 6 mesi dopo il terremoto, le case dell'Aquila erano finite e consegnate
     
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    Ero a L'Aquila durante il G8, nel mese di Luglio.
    I cantieri delle case temporanee erano tutto un brullichio di operai e di mezzi d'opera: il terremoto era avvenuto il 6 aprile, erano trascorsi appena 3 mesi...
    Il terreno su cui venne installata la tendopoli che avevo partecipato a realizzare dal 7 aprile, fu restituito al suo utilizzo originario il 31 ottobre 2009 (6 mesi e 24 giorni dopo), con tutti gli sfollati già ospitati nelle case provvisorie.

    Se mi permettete una digressione in tema:
    - in Friuli, nel 1976, senza alcuna esperienza di protezione civile strutturata, dopo le tende arrivarono i prefabbricati leggeri; soluzione decorosa ma non certo ideale per le popolazioni che hanno dovuto starci mediamente 3/6 anni, prima di rientrare nelle case definitive;
    - nel 1980, in Irpinia, fu adottata la medesima soluzione temporanea, in prefabbricati leggeri; qui però successe quello che in Friuli non avvenne, lungaggini e ruberie che portarono a tempi lunghissimi per il rientro nelle abitazioni definitive e il diffuso malcontento della popolazione per la eccessivamente protratta vita nei prefabbricati leggeri
    - negli anni - e terremoti - successivi ci furono continue diatribe tecnico/politiche su quale fosse la soluzione migliore: costruzione di prefabbricati leggeri in urgenza oppure pre-fabbricazione pesante
    - arriviamo nel 2009 e Berlusconi/Bertolaso applicano quelle che erano le risultanze degli studi ed elaborazioni effettuati in quegli anni: realizzazione in tempi più rapidi possibili di pre-fabbricati "pesanti" (case quasi definitive). E i risultati furono eccezionali, in 6 mesi quasi tutti ebbero un alloggio in una casa quasi definitiva (con tutti i confort conseguenti, rispetto ai prefabbricati leggeri)
    - arriviamo nel 2014, il governo ha cambiato colore e, non vorrai mica che si applichi il metodo Berlusconi/Bertolaso, vero ?
    I risultati li vediamo tutti....
     
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    Il sistena adottato a L'Aquila aveva un grosso problema: accentrava al massimo le decisioni, potava i poteri interdittivi / di gabella della miriade di uffici e, con appalti accentrati e tempi esecutivi ridotti, impediva il lievitare dei prezzi.
    Bertolaso era condannato, pestava troppi piedi abituati troppo bene.
    Ed a chi si lamenta dei giunti elastici delle costruzioni nelle new towns di L'Aquila (un lusso sibaritico a fronte di baracche al cui interno piove), io direi di andarlo a raccontare a chi trascorre il secondo inverno nei moduli abitativi, alias baracche, dell'ultimo terremoto.
    Che, anche senza i vizi esecutivi emersi, sempre baracche resterebbero, non case.
    Qualcuno mi sa dire un motivo logico, che non sia l'interesse economico particolare, visto che le case si è dimostrato di poterle realizzare in sei mesi, di passare obbligatoriamente per la fase baracche?

    CITAZIONE (Ortigara2 @ 14/1/2018, 00:09) 
    Il sistena adottato a L'Aquila aveva un grosso problema: accentrava al massimo le decisioni, potava i poteri interdittivi / di gabella della miriade di uffici e, con appalti accentrati e tempi esecutivi ridotti, impediva il lievitare dei prezzi.
    Bertolaso era condannato, pestava troppi piedi abituati troppo bene.
    Ed a chi si lamenta dei giunti elastici delle costruzioni nelle new towns di L'Aquila (un lusso sibaritico a fronte di baracche al cui interno piove), io direi di andarlo a raccontare a chi trascorre il secondo inverno nei moduli abitativi, alias baracche, dell'ultimo terremoto.
    Che, anche senza i vizi esecutivi emersi, sempre baracche resterebbero, non case.
    Qualcuno mi sa dire un motivo logico, che non sia l'interesse economico particolare, visto che le case si è dimostrato di poterle realizzare in sei mesi, di passare obbligatoriamente per la fase baracche?
     
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    È la solita schizofrenia italiana, si passa in relativamente pochi anni dal non avere un servizio di protezione civile, ad avere un servizio che agisce di fatto al di fuori di qualunque regola e si occupa anche di gare di nuoto ed eventi internazionali.
    La reazione a questo evidente ed assurdo abuso degli strumenti propri di gestione delle emergenze è un altrettanto ed evidente assurdo ritorno a norme che di fatto impediscono una gestione delle vere emergenze saltando tutte le pastoie burocratiche necessarie.
    Esempio lampante la rimozione delle macerie o la costruzione dei moduli abitativi per l'ultimo terremoto.
    A quanto pare trovare una corretta via di mezzo non è veramente nelle corde di questo paese..
     
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    Perfettamente d'accordo.
    Accentrare le competenze consente, nell'emergenza, di abbattere tempi e contenere costi.
    Poi, visto che ogni cosa diventa un balletto di conferenze di servizi, TAR e nimby, viene la tentazione di considerare emergenza anche la realizzazione di una rotatoria all'incrocio.
    Sfoltire normativa, regolamenti e duplicazioni di competenze, giammai sia.
    E già che ci siamo: abolire ogni e qualsiasi trattamento di favore per associazioni, onlus, cooperative e via elencando, in tutto ciò che non sia appalto di servizi ma di beni o di opere. Forme miste incluse. Sono il mondo dell'elusione; non d'imposta, della norma.
    Ed infatti, dopo ogni emergenza, planano tutte sul luogo; alcune come colombe, moltissime come avvoltoi.
    E la norma va parametrata al caso più diffuso, non al santo laico di turno (per il quale neppure servirebbe).
     
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    sig. Ortigara, io non mi occupo di appalti, lavoro nella scuola.

    La scuola è ormai alla paralisi a causa della ormai totale incomprensibilità delle norme per cui praticamente ogni amministrazione degli ultimi trenta anni sembra aver normato in contrasto e senza considerare l'esistenza delle normative precedenti. In pratica, sembra esistere un cavillo per mettere in discussione qualunque decisione o provvedimento.
    Il risultato: ricorsite cronica e perniciosa. Chiunque ricorre in continuazione e per qualunque cosa. Esistono ormai delle organizzazioni il cui scopo è portare avanti tutti i ricorsi possibili anche in contrasto tra loro. E i tribunali amministrativi di primo grado sembrano esistere per dar ragion al ricorrente, qualunque sia la causa. E se qualcuno ha torto c'è sempre una corte superiore a cui rivolgersi. E i danneggiati da un primo giudizio ricorreranno a loro volta...

    Lasciamo perdere cosa vuol dire tutto questo in termini di efficacia e buon funzionamento della Pubblica Istruzione.

    Se negli appalti il sistema è simile...
     
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    La scuola è l'epicentro di una normativa a sè ed autoconfliggente, una mia collega di studio tratta solo scuola e previdenza (materie che aborro, maxime la seconda) ed ha una linea di produzione di ricorsi che una fabbrica stile Henry Ford se la sogna.
    Ed infatti dopo una lunga ricerca per trovare l'istituto scolastico migliore e la sezione con i migliori docenti, eccomi a contemplare il quasi non studio di mia figlia.
    Ma negli appalti molto meglio non va, guardi i tempi di realizzazione, i costi doppi che all'estero,la qualità dell'opera finita ed il numero d'incompiute.
    La colpa non è certo del carpentiere medio o del suolo italiano.
     
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    Tornano alla ribalta i fatti di Livorno e ritorna la mia domanda su cosa non va nel modo in cui è organizzato il sistema oggi.
    Ricapitolando, la regione dirama l'allarme (arancione in questo caso), poi il sindaco a seconda del tipo di allarme dovrebbe allertare la protezione civile che dipende da lui.
    Chiedo:
    - con quali strutture una regione dirama un allarme e stabilisce il livello?
    - la protezione civile senza il via del sindaco non si muove?

    Non sarebbe più logico fare come ho scritto l'altro ieri, con centri regionali della protezione civile che stabiliscono loro con gli esperti del caso se c'è allerta e di che colore, avvertendo loro le autorità locali e muovendosi automaticamente quando si superano i parametri stabiliti?
     
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    Il Sindaco è autorità di governo del territorio, la Protezione Civile no.
    Ed è notorio che ad ogni passaggio aggiuntivo la catena di comando diventa più lenta e meno efficiente, ma a moltiplicarli abbastanza le responsabilità sfumano sino a divenire impalpabili.
    L'apparato burocrativo legifera e regolamenta per sè, non per l'interesse generale.
     
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    Ma il sindaco non ha l'esperienza e la competenza che hanno (si spera) gli esperti della protezione civile. Ho conosciuto sindaci di paesini che non saprebbero cosa fare in caso di emergenza in casa loro, figuriamoci in una comunità.
    Fermo restando che continuo a non sapere come le regioni stabiliscono il livello di allarme, continua a sembrarmi più logico che i poteri passino alla protezione civile quando scattano le emergenze. Se scoppia un incendio i pompieri dettano legge, non il sindaco, lo stesso dovrebbe essere quando c'è minaccia di alluvioni o dopo che un evento catastrofico si è verificato.
     
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    [QUOTE=Emanuele_FD,16/1/2018, 15:36 ?t=69803734&st=15#entry617459838]
    Ma il sindaco non ha l'esperienza e la competenza che hanno (si spera) gli esperti della protezione civile. Ho conosciuto sindaci di paesini che non saprebbero cosa fare in caso di emergenza in casa loro, figuriamoci in una comunità.

    Buonasera

    Il discorso protezione civile è materia spinosa e complessa in Italia, avendo avuto esperienze dirette nella redazione di Piani Protezione Civile (PPC) sono venuto a conoscenza di procedure quanto meno discutibili e come faceva presente il Sig. Emanuele casi diffusissimi di impreparazione da parte di chi dovrebbe avere ruoli decisivi nella situazione di emergenza, un sindaco mi raccontò che riceveva gli sms della sala operativa della protezione civile, che allertavano i primi cittadini circa il pericolo mareggiate e relativi rischi per tutti coloro che si trovassero a transitare sul litorale , peccato che il comune in questione si trovasse ad almeno 30 km in linea d'aria dal braccio di mare più vicino, dimostrando così che gli avvisi venivano inviati a "pioggia" a tutti i primi cittadini della provincia senza criterio distintivo e quindi operando al di fuori di una corretta mappatura del rischio ( l'area urbana del comune in questione sorge ad oltre 600 m s.l.m. ).
    Lo stesso sindaco si è dichiarato impreparato circa il PPC e i suoi contenuti che ho dovuto spiegare in varie occasione agli amministratori ponendo l'accento sugli obblighi di legge concerneti la materia ( il grosso della resposabilità è posto in capo al sindaco, che deve agire in base al piano, che tra l'altro prevede la costituzione C.O.C centro operativo comunale, vero e proprio nucleo di protezione civile in ambito locale dal quale "dovrebbe" partire il coordinamento dell'emergenza) nella pratica il C.O.C esiste solo nei comuni di dimensioni maggiori, dato che i piccoli comuni spesso non possiedo nemmeno un'apparato amministrativo a ranghi completi, magari segretario comunale, geometra uff.tec. resp. segreteria in condivisione con altri piccoli centri limitrofi, in merito al discorso inpreparazione una volta un dirigente della protezione civile regionale mi a detto,"noi contattiamo sindaci dei comuni interessati dalla potenziale emergenza ma se il problema e grosso allertiamo la colonna mobile regionale e assumiamo il comando delle operazioni non appena arriviamo sul posto". Fino a due anni fà l'allerta era diramato via Fax dalla sala operativa regionale e inviato presso gli uffici comunali, questo mi venne detto da un altro sindaco che aggiuse: "ma se il fax arriva quando gli uffici comunali sono chiusi, chi loriceve?" purtroppo questa eventualità si è manifestata in più occasioni nella realtà spero sinceramente che le cose siano cambiate, ma non ci conto più di tanto.
     
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71 replies since 10/11/2014, 22:39   3752 views
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