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Giusto due parole sull'A-106, "Mostriciattolo" per alcuni e "Schizzetto" per altri. La storia dell'A-106 parte alla fine degli anni '60, quando, nel tentativo di trovare una soluzione conveniente per risolvere il problema di poter disporre di una macchina vettore d’arma per le unità navali costruite senza predisposizioni per l’hangaraggio di elicotteri (vedi in particolare i caccia della classe Intrepido), la Marina Militare italiana considerò interessante il concetto americano del DASH QH-50, secondo il quale la ricerca sarebbe stata effettuata dai sonar delle unità navali ed il mezzo aereo (nel caso americano un progenitore degli attuali UAV non pilotati) si sarebbe occupato di lanciare il siluro sul rilevamento da queste indicato. Per superare i problemi legati alla teleguida di un mezzo aereo la Marina Militare pensò di mettere a bordo un pilota e comunicando all'Agusta questo requisito, mise le basi per la nascita dell'A-106. Ne furono costruiti due esemplari (il 5-01 MM5001N ed il 5-02 MM5002N) che furono consegnati alla marina nel Giugno del 1970. Operarono dapprima da Pratica di Mare con personale del Reparto Sperimentale di Volo ed in seguito girati al GE2. Per l'impiego a bordo degli Intrepido venne pure ricavato un piccolo hangar sul lato dritto della rotaia di lancio del sistema missilistico Tartar. La vera fine dell'A-106 non fu legata al suo insuccesso. A parte qualche problema legato al baricentro e la poca altezza delle pale rispetto al suolo (vedi incolumità del personale a terra), con il senno di poi oggi avrebbe potuto avere maggiore fortuna se visto nell'ambito di compiti VERTREP ed antincendio o comunque laddove vi sia l’esigenza di alzare pesanti carichi da terra, facilmente trasportabili grazie all'elevata potenza rispetto al peso reale dell'elicottero. Dicevamo, il suo reale nemico è stato l'AB-204AS, che raggruppava in se sia la capacità "Hunter" che quella "Killer" (P.S. ricordo che le ultime serie del 204 con radar e sonar erano molto più versatili dell'SH-2 statunitense che aveva soltanto il radar ed una manciata di boe sonore). I due esemplari sono stati per lungo tempo conservati a Catania, poi uno è stato ceduto al Commissariato di Polizia di Augusta, come elemento del costituendo Museo della Marina, poi restituito in cambio dell'AB-212 7-06 (quello che i Sig. Pechiam ha pubblicato con il trave smontato, da mettere proprio al posto del 106). In seguito questo esemplare è andato a Grottaglie dove ora fa parte della collezione del Museo dell'Aviazione Navale. Il secondo invece è conservato come Gate a Catania. Da notare che entrambi ora hanno i codici 5-01, ma quello di Catania in effetti è lo 02. Per quanto riguarda il J3, è in origine uno dei mezzi del primo lotto di 6 elicotteri nella versione base (dalla MM80176 ad 80181), i quali inizialmente hanno la medesima colorazione azzurra degli AB-47G e sono riconoscibili per i pattini bassi. Vengono numerati a seguire e quindi se l’ultimo AB-47G è il numero 7, questi portano la numerazione dall’8 al 13 sulla pinna di coda. Quello in foto è l'AB-47J numero 9 (MM80177) e non un J-3, modificato con il carrello alto, ma con ancora la consolle laterale e non frontale, per le prove di carico e sgancio siluri. La nave è una fregata della classe Bergamini, prima che fosse sbarcato il pezzo a poppa, quindi con il ponte ridotto. In seguito gli AB-47G furono codificati 1-XX, mentre gli AB-47J furono 2-XX, l'esemplare ripreso divenne il 2-02 e finì la sua vita operativa con l'AMI. Il 2-07 invece che è pubblicato sul ponte di una Bergamini con colorazione azzurra (anche li ci sarebbe da discutere) è invece il primo vero J-3.
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