L'angolo letterario del Sig. Sagittario

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    Colgo l'occasione: qualcuno può segnalare una casa editrice che sia interessata a pubblicare romanzi d'avventura ?
    Ne ho scritti un paio e ne sto cercando una. Ho verificato che è parecchio difficile.
    Le più importanti nemmeno ti rispondono e le uniche ad interessarsi chiedono belle somme per pubblicare.
    Con uno dei due romanzi ho anche partecipato ad un concorso dove sono arrivato 4° tra le opere inedite.
    Se sono fuori argomento, spostate pure questo intervento, oppure contattatemi con messaggi privati.
     
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    Ho lo stesso problema malgrado abbia già pubblicato diverse cose. La triste verità è che in Italia ci sono troppi scrittori per i lettori che abbiamo e già così c'è una sovraproduzione di testi. Sconsiglio anche le autoproduzioni (per quanto abbia provato diverse volte anche questo tipo di forma di pubblicazione) a meno che non abbiate molto tempo da dedicare alla cosa.
     
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    La triste verità è che in Italia ci sono troppi scrittori per i lettori che abbiamo e già così c'è una sovraproduzione di testi.

    Dopo questo breve scambio di battute mi tornano in mente delle parole che Mario Rigoni Stern ripeteva ultimamente prima di morire:
    "Ora che quasi più nessuno legge, tutti scrivono".
    A cui potrei aggiungere sardonicamente che "ora che più nessuno cucina, tutti fan programmi e libri per cucinare".

    Mi permetto inoltre di aggiungere che vero che sono troppi scrittori, ma molti sono anche di scarsa qualità, nel senso che molti sono attori, influencer, calciatori che vivono il libro come un accessorio di marketing per la loro immagine, non per scrivere o comunicare.
    Il problema è che sono quelli che vanno di più.
    Solo per fare un esempio, il libro più venduto del 2019 è il libro della De Lellis con più di 100.000 copie, autrice che si è autodefinita "non lettrice".
     
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    Un mio cliente ha pubblicato un libro. Me ne fece leggere le bozze, un insulto a grammatica e sintassi.
    Poi ho letto il libro, quasi piacevole.
    Chissà chi è stato il professore che, da correttore di bozze, lo ha tradotto in italiano.
     
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    Considerazioni tristemente vere.
    Recentemente ho parlato con un amico autore che ha proposto un suo manoscritto a una nota casa editrice italiana di libri d'avventura e fantascienza.
    La casa editrice ha accettato di pubblicare il libro offrendo in cambio all'autore nessun compenso e la cessione dei diritti in perpetuo.
     
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    Inutile dirlo, il mio cliente pagò lui la sua casa editrice.
     
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    Mi permetto inoltre di aggiungere che vero che sono troppi scrittori, ma molti sono anche di scarsa qualità, nel senso che molti sono attori, influencer, calciatori che vivono il libro come un accessorio di marketing per la loro immagine, non per scrivere o comunicare.

    Questo era in effetti vero fino a pochi anni or sono.
    Poiché al peggio non c'è limite, mi sono accorto - da lettore seriale - che adesso anche i romanzi di autori "professionali", magari celebrati come piccoli capolavori, sono roba che solo trent'anni fa non avrebbe passato l'esame di terza media.

    Non entro nemmeno nel giudizio sulle trame - comunque solitamente di una sciatteria allucinante - limitandomi alla "mera" scrittura.
    Pensierini da 3^ elementare, lessico da "risorsa" appena sbarcata, costruzioni ipostatiche che nemmeno Fuksas... è proprio il "mestiere" a essere totalmente assente.

    A volte mi domando se una tale involuzione è conseguenza dei social, o se i social hanno tanto successo proprio perché adatti al "materiale" umano disponibile.

    Mi si perdoni lo sfogo.

    Un saluto.
    TS

    P.S.: evito per motivi ovvii di commentare quanto accaduto con la nuova traduzione de "Il signore degli anelli"...
     
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    evito per motivi ovvii di commentare quanto accaduto con la nuova traduzione de "Il signore degli anelli"...

    Se posso chiedere, da Tolkiniano fanatico: perché? Cosa è successo? Lo lessi (e continuo e leggerlo e rileggerlo) prima in inglese e poi nella traduzione originale di Vicky Alliata di Villafranca, che mi sembrò buona a parte l'incomprensibile decisione di tradurre "Elven" con "Gnomi" e qualche incertezza nel rendere in italiano le sottili differenze nell'uso dello "you" tra personaggi di rango diverso. Cosa hanno fatto?
     
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    Sig. Ebonsi qui esaustiva spiegazione, che avevo letto un paio di mesi fa



    Scelte piuttosto discutibili. Nella mia traduzione i troll si chiamavano "Vagabondi" e gli Orchi "orchetti". La vecchia traduzione è stata levemente modificata nel tempo per riflettere la maggiore familiarità delle nuove generazionei col folklore nordico, ma ora ne è stata pubblicata una nuova che italianizza un po' troppo certi nomi e a quanto pare abbassa il registro generale del testo, che già credo fosse meno stico per noi italiani di quanto l'originale fosse per gli inglesi. Io lo avevo letto senza probemi a 10 anni, per dire...
     
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    Sig. Ebonsi qui esaustiva spiegazione

    Grazie! Non che pensassi di aver un qualche motivo per voler acquistare la nuova traduzione, ma così qualsiasi rischio è eliminato a priori.
     
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    I vari articoli sulla nuova traduzione mi hanno finalmente spinto a leggerlo in lingua originale! ;)
     
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    Io, solamente per bieca pigrizia, la trilogia l'ho letta in italiano, nella traduzione "classica" di Alliata, pur avendo anche a disposizione in casa il testo originale e inorridendo quando la Compagnia, invece di arrivare a Rivendell , capita in una località sconosciuta: "Gran Burrone"!
    Detto questo mi rendo conto di quanto si perda nel tradire (non tradurre) un testo in una lingua diversa da quella pensata dall'autore.

    Un piccolo esempio personale sempre in tema di letteratura fantasy: io sono stato un fan sfegatato di tutti i romanzi scritti da Sir Terry Pratchett. Orbene, pur avendolo conosciuto in versione italiana, in seguito, prima per casualità poi per scelta, ho preferito proseguire la lettura in inglese delle sue opere: i traditori italiani scempiano in modo intollerabile l'eleganza del testo originale e la maggioranza dei puns, ma anche solo di certi periodi di graffiante ironia, va irrimediabilmente perduta.
     
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    A volte mi domando se una tale involuzione è conseguenza dei social, o se i social hanno tanto successo proprio perché adatti al "materiale" umano disponibile.

    Ma non solo nel campo della scrittura e quindi dell'espressione, ma anche nelle capacità di ragionamento logico e matematica c'è stata un'involuzione impressionante.
    Comunque per esperienza personale, passare tre anni di elementari a incollare schede non è che aiuti molto, alla fine non impari nulla né di regole grammaticali ne come capacità di formulare pensieri e tradurli in frasi di senso compiuto da scrivere su carta, di "pensierini" non ho mai sentito parlare, in compenso però ho imparato l'arte di tagliare fogli e incollarli usando montagne di colla.

    Libri meno "elaborati" hanno sicuramente più successo per questo motivo, se buona parte dei possibili lettori li trova troppo complicati non li comprerà mai, quindi le case editrici puntano su libri di personaggi famosi o comunque di autori che riescano a raggiungere un potenziale bacino di clienti molto più ampio a scapito spesso e volentieri della qualità, ma è la stessa cosa che succede nel contesto televisivo. Ovviamente più la capacità di comprensione indietreggia più la qualità dei libri indietreggia, diventa quindi una spirale.

    Non darei comunque tutta la colpa ai social, prima causa è l'involuzione della preparazione scolastica.
     
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    Il problema è articolato.
    Da una parte una scuola troppo delegittimata, insegnanti mortificati e metodi educativi troppo generosi hanno promosso studenti non sempre preparati. Ci si è orientati troppo ai bisogni dei ragazzi, ci si è concentrati sull'aspetto psicologico tralasciando quello educativo e didattico.
    Dall'altra parte c'è l'evoluzione della società e delle conoscenze: una società che cambia velocemente, afflitta da un eccesso di comunicazione che riduce enormemente la soglia di attenzione a causa di stimoli continui ed eccessivi. Quello che un tempo assimilavamo in settimane, oggi viene proposto quotidianamente. L'eccesso e il bombardamento di informazioni provoca un impoverimento del linguaggio che si deve adeguare a raccontare storie complesse in tempi sempre più ridotti. L'impoverimento del linguaggio provoca a sua volta abbassamento del livello culturale in un loop difficilmente arginabile.
    Parlando di questo fenomeno con diversi autori ho deciso di non demonizzare necessariamente tutto quello che c'è oggi a favore di quello che c'era un tempo.
    I fumetti venivano considerati spazzatura mentre oggi sono elevati ad arte e consideriamo spazzatura altri metodi espressivi contemporanei come il fenomeno youtuber che ha sia espressioni deprecabili, sia elementi di forte interesse.
    E' tuttavia innegabile che il cambiamento nei metodi di fruizione dei contenuti di intrattenimento, qualunque media essi adottino, ha provocato una rivoluzione del linguaggio.
    Come in tutte le cose è possibile che questo sia un corso storico che avrà un suo ricorso.
    All'epoca del fast food selvaggio oggi si è sostituito lo slow food, la ricerca delle materie prime di pregio e dell'alta cucina.
    Può darsi che col tempo ci si accorga che questo bombardamento mediatico, di cui un certo uso dei social è solo una conseguenza e non una causa, venga abbandonato in favore di un ritorno a una fruizione dei contenuti più lenta e consapevole.
     
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    Comunque le imprecisioni della prima traduzione di Alliata erano già state mitigate nelle versioni successive, e bisogna dire che la versione cinematografica italiana mi è sembrata un buon lavoro. La nuova invece sembra voler portare Lotr più verso Harry Potter che Beowulf, e la decisione di ritradurre le varie poesie ormai divenute iconiche mi sembra molto criticabile, vero che Alliata si era preso delle libertà, ma talvolta ho trovato le traduzioni italiane persino migliori degli originali, seppur non fedelissime, dal monologo di Roy Batty in Blade Runner a Muoio per te di Sting/Fornaciari. Insomma il traduttore spesso è un artista e non un "contabile delle parole".
     
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